Le mie prigioni. Racconti semiseri dalla biblioteca del carcere

Ricordo bene la prima volta che sono entrato nella Casa circondariale di Velletri. Nel Carcere di Velletri.
Anzi, per la precisione, nel Carcere di massima sicurezza di Velletri.
Un posto, per capirci, dov'è detenuto, tra gli altri, Angelo Izzo, il “mostro del Circeo”: un tizio colpevole di svariati reati, tra cui per l'appunto il “massacro del Circeo”; una storiella leggera leggera di sequestro, violenza sessuale e omicidio della metà degli anni 70. Così, tanto per citarne uno.

 

Un tranquillo venerdì mattina di maggio, un mix di agitazione, eccitazione, curiosità, nervosismo, non sono particolarmente preoccupato... Non proprio, almeno. Ho la consapevolezza di non sapere con precisione a cosa sto andando incontro, quello sì. So che, insieme a Giacomo e Stefania – Direttore del Consorzio SBCR e Segretaria della Fondazione FCCR - vogliamo allestire la biblioteca dell'Istituto, che vogliamo promuovere progetti di sostegno alla lettura, che vogliamo lanciare un messaggio ai detenuti, vogliamo aiutarli a sentirsi meno soli, a reinserirsi nella società. Sì, ma chi sono questi “ragazzi” che incontrerò, da solo, tra poco? Ed ecco che un pochino di ansia sale. Poca, sufficiente però per dare a questo venerdì mattina tutto un altro aspetto.
Sono fuori al Carcere. Parcheggio. Lascio tutto nelle cassette di sicurezza, ritiro il mio tesserino: Alessandro Staccone, Ex Art. 17.

Ed ecco che la sento un po' di più, l'ansia.
Inizio a percorrere i corridoi, ad attraversare labirinti di cancelli, a superare uno, due, tre controlli, con lo stesso vago senso di colpa che mi assale ogni volta che incontro un posto di blocco per strada, fino ad arrivare in biblioteca.
O meglio, in quella che mi dicono essere la biblioteca.
In realtà, è una stanza poco più grande di un ripostiglio, buia e piena di libri che, a giudicare dal colore delle pagine e dallo stato di conservazione, credo siano appartenuti a Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, grande esploratore morto nel 1933. 
Altrimenti non si spiega.
 

Accatastati uno sopra l'altro, in doppia fila che nemmeno via Merulana all'ora di punta.
Disposti senza alcuna logica: l'enciclica di Papa Benedetto XVI a fianco alla storia della Germania nazista, svariate copie dell'ultimo libro di Aurelio Picca subito dopo un saggio sull'interpretazione dei sogni, romanzi per bambini insieme a saggi sulla droga datati 1979. Insomma, cose così.
Inizio a pensare che ci sarà tanto lavoro di scarto da fare. E anche di ricollocazione. E di parecchie altre cose, ad occhio. Ma non c'è fretta. Ora è il momento di conoscere il detenuto bibliotecario dell'Istituto.
Ed ecco che, proprio in quel momento, entra in biblioteca Paolo - l'educatore che, con sincero entusiasmo, ha per primo accolto e sostenuto il nostro progetto - insieme ad A. : giovane, occhiali da vista, scarpe di marca nuove, maglietta sportiva, pantaloncini e tatuaggi – bei tatuaggi, va riconosciuto: linee perfette, colori luminosi. Soggetti un po' da rivedere forse, quello sì. Sicuramente, non fatti di nascosto in una cella di un carcere – e un italiano incredibilmente forbito. Forse non è lui il detenuto, penso. E invece no, è proprio lui.

 

A cura di Alessandro Staccone

Biblioteca Comunale P.P.Pasolini